Rassegna stampa

Il ronzio delle Mosche di Sartre riecheggia in questa riuscitissima rilettura del topos della colpa.

Giulio Bellotto, La cultura del bloggo, ottobre 2015

Intenso, ricchissimo, sincero e di schietta originalità. [...] Spettacolo ambizioso che si confronta con dei giganti, riesce a non farsi fagocitare e riemergere con fervore creativo, moltissimo da dire e il gusto bulimico di non tralasciare nulla. Il gruppo teatrale nomade ORTIKA si riconferma come realtà artisticamente feconda, impegnata in una maturazione che inizia ad abbozzare alcune cifre stilistiche negli incroci di variabili tra la densità dei testi di Zingariello, la ricca scenotecnica di Colla e la regia stratificata, resa agile dall’ottima recitazione di Conti.

Giulia Muroni, PAC Pane Acqua Culture, gennaio 2016

La presenza mesmerizzante di Alice Conti riesce a catturare ogni attenzione.

Giulio Sonno, Paper Street, maggio 2016

Assolutamente interessante soprattutto per la forte presenza di due attrici e per le numerose suggestioni che la messa in scena produce.

Mario Bianchi, Krapp's Last Post, maggio 2016

La messinscena di Alice Conti, interprete eccellente insieme a Veronica Lucchesi, tratteggia un lavoro di pregio dai contorni onirici e spietati, con sprazzi da horror e grande consapevolezza per la visione e l’utilizzo del corpo. [...] Siamo spettatori di un incubo che ci porta a contatto con alcune delle paure del nostro tempo. Uno specchio deformato dei nostri tempi, nei quali la “cosa brutta” va dimenticata, nascosta per poter guardare al futuro e puntare in alto.

Andrea Pocosgnich, Teatro e Critica, maggio 2016

La trasposizione che filtra il reale lo rende materiale da un altissimo potenziale performativo, anche grazie all’energia e alle doti delle attrici e a un’atmosfera onirica creata dalle luci di Alice Colla. La restituzione scenica riesce a trattare con forza espressiva la delicatezza del tema e, allo stesso tempo, la violenza del conflitto interiore, con una varietà di registri linguistici. Se si riconosce un interesse antropologico che è radicato nell’identità̀ del gruppo [...] in scena troviamo anche una riflessione sul percorso artistico e sulle difficoltà di credere nel proprio talento. Questa lotta interiore [...] resta un conflitto senza soluzioni e le Erinni – accolte o respinte – presenze da cui non si può scampare. [...] Una buona scusa per sentire l’energia di una rivoluzione interiore filtrata dal linguaggio del corpo e della scena. [...] Un modo per scoprire i talenti delle due performer che si muovono tra diversi linguaggi: fisico, canoro e verbale.

Francesca Serrazanetti, STRATAGEMMI prospettive teatrali, maggio 2016

Uno spettacolo immaginifico e potente che mi ha davvero conquistato per una linearità dell’idea, pur complessa, perché si tratta di una drammaturgia strana sulla fragilità, qualcosa che davvero riporta a teatro la potenza della fantasia. E’ una storia di sdoppiamento dell’identità̀, di dialogo fra la parte fragile e la parte potente vissuto sempre attraverso il codice del teatro, della scena, dell’attore e del regista ma con una fantasia e capacità di ambientazione emotiva straordinarie.

Renzo Francabandera, Non facciamone un dramma, ottobre 2016

Un carillon dark. Sulle note di Pedro di Raffaella Carrà. [...] Per un viaggio all’inferno e ritorno (o forse no) di una ragazza che si inabissa nelle acque. Come Virginia Woolf. Un suicidio. Un tentativo. A confrontarsi con la propria metà oscura, furia vendicatrice di talenti sprecati e infida motivatrice. Quella che ti sprona prima di ricordarti che non vali nulla. Mentre si rincorre una vita potenziale per rovinarsi quella ufficiale. Lato oscuro interpretato da un’ottima Alice Conti (ma brava davvero anche Veronica Lucchesi), capitano coraggioso di una grottesca nave da crociera dove fare i conti con il proprio io. Strappa una risata, prima di commuovere. Ma è tutto il progetto che dimostra maturità, urgenza, intensità. Le ORTIKA vanno a velocità doppia rispetto a gruppi ben più blasonati, in questo caso sviluppando un ventaglio divertito di rimandi che si muovono dalla psicanalisi ai fenomeni stracult, dalla filosofia esistenzialista a David Foster Wallace (Una cosa divertente che non farò mai più, ma non solo). E pur partendo da un tema intimo, individuale, riescono ad aprirlo all’universale. Tracciando una lucidissima parabola dell’ansia e del disagio. Del muoversi inquieti tra paura del fallimento e terrore del compromesso borghese.

Diego Vincenti, HYSTRIO trimestrale di teatro e spettacolo, gennaio 2017